Crediti
Regia: Anthony Mann
Produzione: Samuel Bronston
Sceneggiatura: Ben Barzman, Basilio Franchina, Philip Yordan
Fotografia: Robert Krasker
Musica: Dimitri Tiomkin
Montaggio: Robert Lawrence
Suono: Milton C. Burrow, David Hildyard, Gordon K. McCallum
Scenografia, Arredamento e Costumi: Veniero Colasanti, John Moore
Dialoghi: George Tyne
Effetti speciali: Alex Weldon
Trucco: Grazia De Rossi, Mario Van Riel
Casting: Maude Spector
Regia della II unità: Andrew Marton, Yakima Canutt
Consulente Technicolor: Will Durant
Titoli di testa: Maciek Piotrowski
Orchestratore: George Korngold
Cast
Sophia Loren ...................................... Lucilla
Stephen Boyd .................... Gaio Metello Livio
Alec Guinness .......................... Marco Aurelio
James Mason .................................. Timonide
Christopher Plummer ..................... Commodo
Anthony Quayle .................................. Verulo
John Ireland ................................... Ballomar
Omar Sharif ...................................... Somaus
Mel Ferrer ....................................... Cleandro
Eric Porter ........................................ Giuliano
Finlay Currie ....................................... Cecina
Andrew Keir ....................................... Folibio
Douglas Wilmer .................................... Niger
George Murcell ................................ Vittorino
Norman Wooland ............................ Virgiliano
Michael Gwynn ................................. Cornelio
Virgilio Teixeira ............................... Marcello
Peter Damon ..................................... Claudio
Rafael Luis Calvo ............................... Lentulo
Lena von Martens ................................. Helva
Non accreditati:
Frederick Ledebur (il barbaro)
Gabriella Licudi (Tauna)
Guy Rolfe (Mario)
Dati tecnici e specifici
Genere:
Storico
Durata del film:
3h, 8 min.
Formato della pellicola:
65mm Ultra Panavision 70 in Technicolor
Data di uscita:
26 Marzo 1964
Luoghi delle riprese:
Segovia, SPA (sequenza d'apertura)
Sierra de Guadarrama, SPA (battaglia contro i germani nella foresta)
Las Matas, Madrid, SPA (foro romano)
Manzanares, Madrid, SPA (battaglia contro i persiani)
Valencia, SPA (Ravenna)
Studi Samuel Bronston Production, Madrid - SPA (interni)
Sequel:
Il gladiatore (USA, 2000 The Gladiator)
Video sul mercato:
DVD - lingua italiana
In vendita dal 2007 il DVD con aggiunta di 40 minuti di scene inedite tagliate in fase di montaggio per la distribuzione nelle sale del 1964. Non sono presenti inserti speciali
VHS - lingua italiana
Fuori catalogo la cassetta della Ricordi Video
Riconoscimenti artistici
Nomination all´Oscar
Colonna Sonora
GOLDEN GLOBES
premio Colonna Sonora
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Anno 180 d.C.: le legioni romane sono schierate ai confini della civiltà. L'imperatore Marco Aurelio presente in Germania per debellare una delle tante rivolte dei popoli barbari, convoca sulle rive del Danubio i governanti dei paesi un tempo soggiogati ed ora alleati, per stipulare un trattato di pace universale. Ma il tentativo del'imperatore resta vano, così come il desiderio di nominare suo successore il generale Gaio Metello Livio, promesso sposo di Lucilla, sua figlia. Una parte dei nobili, intimorita che quest'accordo possa in futuro nuocere ai privilegi fino allora acquisiti, decide di assassinarlo. L'imperatore è avvelenato e il suo posto è preso dal figlio Commodo, il quale in breve tempo, disinteressandosi della politica, preferisce agire nell'estetica e, in questo, trasforma Roma in un enorme circo per gladiatori. Livio gli giura fedeltà, ma dopo aver assistito inerme allo scempio perpetrato dall'imperatore, si ribella e guida le sue legioni alle porte di Roma nell'intento di defenestrare il despota; ma Commodo corrompe i luogotenenti di Livio e fa arrestare il generale. L'imperatore viene a conoscenza dei suoi natali; egli non è figlio di Marco Aurelio ma del prefetto del pretorio Verulo. Una volta ucciso il suo vero padre fa arrestare anche Lucilla, condannandola all'arena assieme a Livio.
Nei ludi, di fronte ai senatori e all'intero popolo, Commodo sfida Livio in un duello a morte e rimane ucciso. Subito i nobili e la plebe acclamano Metello Livio nuovo imperatore di Roma, ma questi, disgustato, prende con se Lucilla ed insieme abbandonano Roma per non tornarvi mai più.
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È il film che, per casuale assonanza al titolo, segnò la fine del peplum romano in generale e, in particolare, il tracollo finanziario dell'ambiziosissimo produttore spagnolo Samuel Bronston.
Tre ore di noia monumentale per assistere ad un'ipotetica e personalissima versione sulle cause che portarono alla fine, l'Impero di Roma. La storia è ripetutamente violentata a scapito di una lussuriosa e pavoneggiante visione. Privo di un benché minimo criterio logico narrativo, il film è imperniato su scene di massa e una straboccante ricostruzione scenografica, storicamente inesatta e in parte ricavata dal set di Cleopatra del '63, che nel suo insieme rappresenta l'unica nota sufficiente del lavoro.
Persino il cast, comprensivo di nomi altisonanti, è raggirato e involontariamente coinvolto in questa bagarre allucinante. Stephen Boyd (qui senza lenti a contatto di color nero, al contrario di Ben-Hur) appare smarrito, così pure Alec Guiness e James Mason. Caso a parte per Sophia Loren; l'attrice napoletana questi ruoli in costume proprio non gli si addicono e precedentemente aveva già fornito prova della sua inaffidabilità in altri due colossi, Attila del 1954 ed El Cid del 1961. Cristopher Plummer (chiamato a sostituire Richard Harris fuggito dal set per incomprensioni con il regista Anthony Mann) invece, credendo di apparire simpatico come Ustinov-Nerone nel Quo Vadis del 1951, s'impegna nel ruolo dell'imperatore Commodo attraverso una recitazione d'avanguardia, con puntate di istrionismo raggelante. L'aspetto più inquietante del film, è in ogni modo rappresentato dai dialoghi del paroliere George Tyne. Di una rozzezza unica, sguaiati (vedi Sophia Loren) e in alcune fasi per nulla attinenti con la storia narrata. Neppure l'intervento disperato di due squisiti sceneggiatori come Ben Barzman e Philip Yordan riuscì a porre alcun rimedio a questa nefandezza.
Anthony Mann, specialista del western, al quale si deve oltre la regia anche il soggetto, trae spunti dall'opera The Decline and Fall of the Roman Empire di Edward Gibbon. Il regista inizia a girare dopo aver diretto, tre anni prima, El Cid e forte del successo ottenuto dal film precedente, rafforza la sua posizione agendo in completa autonomia e senza nessun consulente storico a supporto. L'idea di mettere in scena alcuni dei temi cari alla sua filmografia (conflitto odio-amore, solitudine, disperazione), appare in ogni caso in contrasto con la contorta meccanica narrativa del film. Esagera nella messa in scena, con situazioni riciclate da kolossal del passato: il duello da Spartacus, il brindisi dal Ben-Hur, la corsa delle bighe (filmata a modello di gara da motocross) dal Quo Vadis.
Il budget fu elevatissimo; circa tre anni di tempo per la realizzazione dei set, diecimila comparse e oltre millecinquecento cavalli per la sequenza della battaglia nella foresta germanica, ottomila costumi comprensivi di corazze, veli, tuniche e cose del genere.
La catastrofe commerciale concretatasi al botteghino fu giustificata in maniera paradossale dal regista, il quale ebbe a dire: "….il pubblico, nei film storici, è abituato da decenni ad assistere a un continuo trionfo dei romani. Qui, l'impero ho voluto rappresentarlo alla sua fine; la grandezza e lo splendore appariscente è figlio della corruzione e dell'arroganza perpetrata nei secoli dai romani. Per questo motivo, forse, lo spettatore è rimasto deluso…."
Ridley Scott, in tempi moderni ha tratto chiari riferimenti dalla sceneggiatura di questo film (e soprattutto dalla scena della battaglia nella foresta) per la realizzazione del suo Gladiatore (2002).
Curiosità: è il film che detiene il primato del più grande set cinamatografico mai realizzato. John Moore e Veniero Colasanti impiegarono ben 2 anni per progettare ed edificare, su un'area di oltre 24 ettari alla periferia di Madrid, il più fastoso scenario mai visto prima e tutto in grandezza naturale, comprese le statue (400, quella di Giove Capitolino alta più di 30 metri e sistemata a 80 metri dal suolo), colonne (628), edifici (35), scalinate percorribili (7400 metri). Il tutto costruito con 200.000 blocchi di cemento e consolidato dal lavoro di oltre 1000 operai. Il ricorso al collaudato sistema del "mascherino" è qui posto ai minimi livelli.
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La colonna sonora è opera del veterano e re del western (Duello al sole, Mezzogiorno di fuoco) Dimitri Tiomkin. Il musicista, dopo aver composto nel 1955 la partitura de La regina delle piramidi, affronta questo genere per la seconda ed ultima volta nella sua carriera. La lunga pagina dei titoli di testa è in perfetta sintonia con il soggetto del film. Il tracollo dell'impero romano è impostato su chiari toni dimessi, addirittura nostalgici in una musicologia strutturale che si potrebbe definire persino malinconica. Il resto della composizione è puro accademismo. In ogni caso per Tiomkin, è troppo forte il richiamo al western; il maestro non può far a meno di inserire un timbro in percussione, a lui molto caro, come accompagnamento a scene di battaglia, inseguimenti e per altre sequenze in movimento accentuato. È l'ultima firma di spessore per il musicista russo.
Info - Discografia
Sono presenti sul mercato un buon numero di CD, oltre il non più reperibile LP della Columbia-CBS, stampato nel 1964. Le migliori edizioni sono riscontrabili in quelle della Varese Sarabande e Cloud Nine Records, entrambi 16 track music, ma quelle complete sono riconducibili alla La-La Land Records (27 tracce) e Prometheus (ben 379, questa anche in versione tape-cassette, introvabile.
                        
                        
                        
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