Crediti
Regia: Mervyn LeRoy
Produzione: Sam Zimbalist
Sceneggiatura: S.N. Behrman, Sonya Levien, John Lee Mahin
(dal romanzo omonimo di Henryk Sienkiewicz)
Fotografia: Robert Surtees, William V. Skall
Musica: Miklós Rózsa
Montaggio: Ralph E. Winters
Suono: Douglas Shearer
Scenografia: Cedric Gibbons, William A. Horning, Edward C. Carfagno
Arredamento: Hugh Hunt
Consulenza storica e dialoghi: Hugh Gray
Costumi: Herschel McCoy
Effetti speciali: A. Arnold Gillespie, Tom Howard, Donald Jahraus
Trucco: Sydney Guilaroff, Joan Johnstone, Charles E. Parker
Coreografie: Auriel Millos, Marta Obolensky
Supervisione Technicolor: Henri Jaffa
Non accreditati:
Regia della II unità: Joseph Leo Mankiewicz, Anthony Mann
Assistente alla regia: Sergio Leone
Gioielli: Peter Ellenshaw
Orchestratore: Eugene Zador
Cast
Robert Taylor ................................. Marco
Vinicio
Deborah Kerr ............................................... Licia
Leo Genn ............................................... Petronio
Peter Ustinov ........................................... Nerone
Patricia Laffan ......................................... Poppea
Finlay Currie .............................................. Pietro
Abraham Sofaer .......................................... Paolo
Marina Berti .............................................. Eunice
Buddy Baer ................................................. Ursus
Felix Aylmer ..................................... Aulo
Plauzio
Nora Swinburne ................................... Pomponia
Ralph Truman ........................................ Tigellino
Norman Wooland .............................. Fabio
Nerva
Peter Miles .............................................. Nazario
Geoffrey Dunn .......................................... Termes
Nicholas Hannen ...................................... Seneca
D.A. Clarke-Smith ...................................... Faone
Rosalie Crutchley .......................................... Atte
John Ruddock .......................................... Chilone
Arthur Walge ........................................... Crotone
Elspeth March ........................................... Miriam
Alfredo Varelli .......................................... Lucano
Roberto Ottaviano ...................................... Flavio
William Tubbs ................................... Anassandro
Pietro Tordi ................................................ Galba
Non accreditati:
Elizabeth Taylor (cortigiana al banchetto - cristiana nell'arena)
Sophia Loren (spettatrice al trionfo - schiava di
Plauzio)
Adrienne Corri (matrona)
Bud Spencer - ´Carlo Pedersoli´ (centurione)
Lia De Leo (pedicurista di Nerone)
Dati tecnici e specifici
Genere:
Storico - Religioso
Durata del film:
2h, 51 min.
Formato della pellicola:
35 mm in Technicolor
Data di uscita:
23 Febbraio 1951
Riedizione nelle sale italiane: 1962 -1964 - 1969 - 1973 - 1978
Luoghi delle riprese:
Studi di Cinecittà, Roma (scene in interni)
Via Appia Antica, Roma (sequenza d'apertura delle legioni romane)
Lavinio, Roma (residenza imperiale di Anzio)
Bolgheri, Livorno (via dei cipressi, precipitoso rientro a Roma di Vinicio in biga, durante l'incendio)
Villa Borghese, Roma (Pietro e Naziario nel Quo Vadis Domine - scena finale)
Remake:
Quo Vadis (1901, FRA di Lucien Nonguet e Ferdinand Zecca)
Quo Vadis (1912, ITA di Enrico Guazzoni)
Quo Vadis (1924, ITA/GER di Arturo Ambrosio e Gerog Jacoby)
Quo Vadis (2001, POL di Jerzy Kawalerowicz)
Video sul mercato:
DVD
Da Novembre 2008 in vendita il doppio DVD in versione italiana con doppiaggio dell'epoca, completamente restaurato dalla Warner Home Video. Nei contenuti speciali, ampio documentario sulle radici del film dal suo inizio e il commento dello scrittore, biografo, nonché filmmaker F.X. Feeney che spiega nei dettagli, la ricca e complessa produzione. Sempre dalla Warner annunciato per Pasqua 2009 la stessa versione del DVD in Blu-Ray. Nel 2006, solo per Regione 1 (USA/Canada sistema NTSC), la Castaway di New York ha inciso un DVD ricavandolo dagli acetati della videocassetta; non presenti in questa versione (non in italiano) contenuti extra.
VHS - lingua italiana
Fuori catalogo la VHS edita dalla MGM/UA; molto rara in internet nel mercato dell'usato.
Riconoscimenti artistici
Nomination all´Oscar
Film
Attori non protagonisti (Leo Genn, Peter Ustinov)
Fotografia per film a colori
Colonna sonora
Scenografia e arredamento per film a colori
Costumi
Montaggio
GOLDEN GLOBES
Attore non protagonista (Peter Ustinov)
Fotografia
Trama
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Anno 64 d.c. - Il console romano Marco Vinicio, al comando della XIV legione, rientra a Roma dopo le vittoriose campagne militari in Gallia e Britannia. L'imperatore ordina a Vinicio di non entrare in città, per permettere che si uniscano a lui le legioni provenienti dall'Asia e dall'Africa. Nerone intende così dare al suo esercito l'ambito premio del trionfo e al popolo una giusta distrazione. Caio Petronio, zio di Marco e primo consigliere dell'imperatore, trova per suo nipote alloggio presso la villa dell'ex console Aulo Plauzio, convertitosi da poco al cristianesimo. Qui Marco conosce Licia, giovane adottata dal console. I cristiani sono mal visti dal senato e Tigellino, prefetto del pretorio, cerca in tutti i modi di annientarli. Questa comunità è molto attenta nel muoversi e soprattutto piena di risorse; essi si riuniscono per pregare in vecchie grotte e rovine fuori di mano, le catacombe, dove i pretoriani non hanno facile accesso. Nel frattempo giungono a Roma, Pietro, primo apostolo di Gesù e Paolo, un greco convertitosi, sulla via di Damasco, alla nuova fede; entrambi sono ospiti nella casa di Plauzio. Marco Vinicio è sempre più attratto da Licia; anche lei corrisponde, ma ha timore per i pregiudizi che inevitabilmente un pagano nutre nei confronti di questa nuova religione. Dopo vivaci scambi di battute i due innamorati litigano e si lasciano, ognuno per la propria strada. In quella stessa estate, Vinicio si trasferisce con la corte ad Anzio, portando sempre con se il ricordo di Licia, sebbene l'imperatrice Poppea infatuatasi di lui, cerchi di fargliela dimenticare con ogni mezzo.
Intanto Nerone, ormai completamente impazzito, decide di bruciare Roma per costruire una nuova città sulle ceneri di quella vecchia, con un nuovo nome, Neropoli. Marco corre al capezzale di Licia ormai allo sbando, come del resto tutta la popolazione dell'urbe. Una visione apocalittica si presenta agli occhi del condottiero; una città distrutta, terrorizzata e con le strade disseminate di cadaveri. Nerone, malgrado Petronio tenti di dissuaderlo, scarica la colpa dell'incendio di Roma addosso ai cristiani, facendone arrestare a migliaia e dando così inizio alla prima persecuzione. I nuovi martiri sono offerti in sacrificio agli dei nei giochi circensi, per la delizia del popolo e quella dell'imperatore. Tra i cristiani, sono arrestati anche Marco e Licia e mentre ne muoiono a centinaiai nell'arena, divorati dai leoni o bruciati come torce umane, per i due si prospetta una fine ancora più terribile. Poppea escogita un nuovo divertimento; fa legare Licia ad un palo alla mercè di un toro inferocito, ma dà alla fanciulla una possibilità, quella di essere difesa dalla sua guardia personale, il gigantesco Ursus; il tutto avviene sotto gli occhi di Marco, costretto ad assistere. Ursus, contro ogni previsione, uccide il toro; il popolo lo acclama e l'esercito, ormai in rivolta, con un colpo di mano proclama nuovo imperatore il proconsole Galba. Nerone uccide Poppea, che lo aveva consigliato di addossare la responsabilità dell'incendio ai cristiani, poi si toglie la vita, mentre Vinicio, lasciata la carriera militare si ritira, sposa Licia e si converte anch'esso al cristianesimo.
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Tratto dall'omonimo romanzo del polacco, premio Nobel per la letteratura, Henryk Sienkiewicz (1846 - 1916), quarta trasposizione cinematografica delle totali cinque ricavate dal testo e primo film girato dagli americani a Roma nel dopoguerra, archetipo di quel lungo filone soprannominato "Hollywood sul Tevere". Kolossal mastodontico distribuito con una campagna pubblicitaria senza precedenti per quel periodo. Costato sette milioni e mezzo di dollari (fino allora nell'industria cinematografica non si ha memoria di un investimento di simile portata), ne incassò quasi il quadruplo (la M-G-M riuscì a salvarsi da un'imminente bancarotta), senza contare gli incassi derivati dalle innumerevoli riedizioni per le sale, distribuite a ritmo continuo per circa trent'anni in tutto il mondo occidentale. Pur rimanendo ancorato nel classico cliché demilliano, questo film a detta dei critici di allora, rappresenta quanto più non si era mai visto in una produzione cinematografica. Sfarzoso, possente, lirico; 30.000 comparse (reali), oltre 100 set, 63 leoni, 7 tori (uno soltanto utilizzato), 450 cavalli, 32.000 costumi realizzati da Herschel McCoy (dei quali ben 11.000 di differente disegno; record tutt'ora imbattuto), immense ricostruzioni scenografiche, statue gigantesche alte sei metri e fastosi arredamenti (usati in seguito per altri film come Giulio Cesare e La terra dei Faraoni). Il film, molto parlato in tono lirico, ad abitudine dei tempi, si espone poco all'azione, preferendo a queste sequenze di grande impatto visivo. Ciò che conta realmente è l'immagine, spettacolare e maestosa; di conseguenza prioritaria nella globalità del lavoro. L'incendio di Roma e i giochi circensi, girati da Anthony Mann, Sergio Leone e Joseph Leo Mankiewicz, rappresentano le scene chiave del film, oltre quella del trionfo, girata in una situazione di caos indescrivibile al punto che occorsero oltre cinquanta battute di ciak per realizzarla. Le sequenze dei leoni e il combattimento tra Ursus e il toro, tra i nodi fondamentali dell'intera pellicola, sono frutto dall'abile mano dell'operatore agli effetti speciali Arnold Gillespie.
Gli attori sono bravissimi, pur calati in una recitazione drammatico-teatrale dai toni eccessivi, con un istrionico Peter Ustinov (al suo primo vero ruolo) su tutti, nei panni del miglior Nerone cinematografico, forse superiore anche al Nerone di Charles Laughton in Il Segno della Croce (1934). Ci sono anche cammei eccellenti; per l'esordiente Sophia Loren ed Elizabeth Taylor, mentre confuso tra le migliaia di generici c'è un giovanissimo Bud Spencer nella parte di un pretoriano.
In un primo momento la produzione aveva deciso di affidare la regia a John Huston e i ruoli dei protagonisti a Gregory Peck ed Elizabeth Taylor ma, per incomprensioni di varia natura (Huston fu allontanato dopo tre giorni dopo che il regista aveva presentato uno script considerato dalla produzione ´avvenirista´) ma soprattutto per motivi economici, si preferì dirottare su attori già sotto contratto con la MGM; ma la scelta degli interpreti fu legata anche allo sviluppo della storia. La produzione preferì affidarsi per il ruolo dell'eroina Licia a Deborah Kerr, attrice inglese ancora poco nota alle plateee mondiali, quindi perfetta per la parte della giovane e illibata cristiana.
Il film fu la risposta che la MGM diede alla Paramount e alla Fox, che avevano inaugurato il filone kolossal degli anni cinquanta con due film biblici, Sansone e Dalila del 1949 di Cecil B. De Mille con Victor Mature ed Edy Lamarr protagonisti e David e Betsabea del 1950 di Henry King con Gregory Peck e Susan Hayward. Iniziò così una competizione tra gli studios hollywoodiani, che miravano a superarsi uno con l'altro a colpi di produzioni sempre più sontuose, anche se, per tutti, l'imperativo era controbattere la nascente televisione che stava progressivamente allontanando il pubblico dai cinematografi. Da ricordare inoltre, che le riprese dovevano essere di luogo presso gli stabilimenti M-G-M a Borehamwood, in Inghilterra, ma l'Italia riuscì a strappare la commessa attraverso canali politici e accordi imprenditoriali del momento, grazie alle immense strutture offerte dallo studio di Cinecittà e la manodopera a basso costo. Due sono le note dolenti del film; i dialoghi di tono scespiriano (una prassi dell'epoca in questo genere), troppo ricercati e pomposi ma inevitabili nella situazione, considerando la forma di linguaggio attuale non compatibile a quell'usata duemila anni fa. Poi un terrificante controllo del colore per le sequenze a campo lungo, dove blu e verde, in una fastidiosa miscellanea tavolozza, si confondono tra loro.
Analizzandolo attentamente, il film si presta a svariate considerazioni di livello critico. Può apparire nella sua totalità un film dai contenuti modesti, troppo verboso (non esiste una sequenza di battaglia) e soprattutto, particolarmente attento a non fuoriuscire dai canoni religiosi ufficiali; tuttavia, un grande spettacolo, considerando che siamo nel 1951, le risorse tecniche sono queste e il CinemaScope non è stato ancora inventato. Otto nomination e nessun Oscar; incredibile. Lo avrebbe sicuramente meritato per alcune categorie come scenografia, colonna sonora, fotografia e costumi; considerando il raffronto con i film cui i premio sono confluiti, il tutto appare a dir poco inconcepibile. Questo record negativo durò circa 60 anni, quando fu superato da Il grinta (2010), che conquistò 10 nomination e nessun premio.
Curiosità:
1) I personaggi secondari del film, sono tutti realmente esistiti, ma sia il romanzo, sia la sceneggiatura del film, si prendono molte licenze personali nell'adattarli a situazioni di fantasia, special modo per quanto riguarda la loro morte.
2) Sophia Loren, al debutto nel cinema (presente nel ruolo di una schiava anche sua madre Romilda Villani) e Elizabeth Taylor appaiono entrambi in due camei. La Loren nella scena del trionfo di Vinicio, al quale lancia dei fiori e in quella susseguente all'incendio di Roma, quando di corsa attraversa la casa nella quale Vinicio è alla ricerca di Licia. La Taylor, compare nella scena del banchetto di Nerone e nel finale, come martire cristiana nell'arena.
3) In quell'epoca, per questo genere di film, gli studios usavano inserire nei titoli di testa il nome di un consulente storico (Historical Consultant o Historical Adviser), più che altro per dare al film un tono di veridicità storica. Qui, è il caso di Hugh Gray, che in realtà non fece nulla, se non scrivere i testi per i cori intonati dai cristiani.
4) Per meglio autenticare la natura storica della musica, il compositore Miklós Rózsa, insoddisfatto del risultato ottenuto con i cori e i canti cristiani registrati in studio, quindi con presenza di eco e acustica moderna, rifece tutto, dopo aver ottenuto la chiusura al traffico notturno di un lungo tratto di Via Tuscolana (adiacente a Cinecittà); in questo modo riuscì ad ottenere, all'aperto e senza ausili tecnici, una perfetta tonalità, capace di mettersi alla pari con quella autentica di circa duemila anni prima.
5) Tra i 30.000 generici che agiscono da comparse in ruoli più che secondari, ne appaiono 118 parlanti (nel senso che ognuno di loro pronuncia almeno una frase). In seguito, soltanto Ben-Hur (1959) ne ebbe di più: oltre 500.
6) L'arroganza e la violenza di Roma, sono espressamente riconducibili al passato, neanche tanto lontano, del ventennio fascista. I saluti romani (che in realtà non erano a braccio teso), anche in misura nazista, appaiono numerosi e continuativi. La guardia pretoriana è vestita (mantello e piume sull'elmo) totalmente di nero; il simbolo di Roma, la Lupa Capitolina, non appare mai, sostituita dalle aquile imperiali mussoliniane e Petronio, nel rivolgersi a Nerone, lo chiama esplicitamente: Duce.
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