Regia
Mel Gibson
Cast
Rudy Youngblood,
Dalia Hernandez,
Jonathan Brewer,
Morris Birdyellowhead,
Carlos Emilio Baez,
Ramirez Amilcar,
Israel Contreras,
Israel Rios,
María Isabel Díaz,
Gerardo Taracena,
Rafael Velez,
Diana Botello
Sceneggiatura
Mel Gibson,
Farhad Safinia
Musica
James Horner
Fotografia
Dean Semler
Premi
Nomination all'Oscar
Trucco, Suono, Effetti sonori
Quando l'impero Maya volge al crepuscolo, i sacerdoti, per ingraziarsi gli dei decidono di costruire nuovi templi, teatri per l'immolazione di vittime umane. Un prescelto al sacrificio, pensando più alla sua famiglia che ai favori delle divinità, fugge e si nasconde nella foresta, ma la vera libertà per lui non esiste.
Dopo La Passione di Cristo, altro film di Mel Gibson che, analogamente al precedente - e in parte riallacciandosi a Braveheart - mette in mostra la visuale più turgida e sanguinolenta, in rispetto dei tempi narrati, dell'uso reale della forza esercitata dal potere e insita nella stessa natura degli uomini. La violenza rappresentata da Gibson ha un significato ben preciso; non è fine a se stessa come accade in altri film contemporanei e nemmeno gestita, come spesso sostenuto, da problemi psicologici legati a stress mentali del regista. Il nocciolo è nella sintesi del messaggio presente nel film, riconducibile alle scene disumane, ai bagni di sangue, teste e arti mozzati che raffigurano il proseguimento all'infinito della barbarie umana. Nulla di diverso tra l'applicazione della violenza esercitata in epoche antiche con quella moderna, forse ancora più selvaggia per i metodi applicati in un'era dove, l'arricchimento culturale non ha fatto altro che generare guerre, carestie, dittature, rincorsa al successo e al denaro, sempre e comunque a discapito dei più deboli. Quindi, anche se oggi i fiumi non grondano sangue, la ghigliottina è stata abolita, i combattimenti non si misurano più con archi e frecce, si muore ugualmente di fame nei marciapiedi delle strade, il giustizialismo di stato è sempre presente con le sue esecuzioni e le odierne battaglie, che mietono vittime a migliaia tra le popolazioni civili, sfoderano armi sempre più micidiali. Tecnicamente e stilisticamente, Apocalypto è un grande film, sviluppato in scenari grandiosi inquadrati da una sfavillante fotografia. Il gigantismo spettacolare è offerto dalle ricostruzioni dei set, dalle migliaia di comparse (reali e non decuplicate al computer), dal trucco e dai costumi. Gli attori, tutti non professionisti, parlano lo yucateco, antica derivazione della lingua maya; ma quello che realmente emerge è la qualità di ripresa, in un virtuosismo di immagini fatte di piani lunghi per le sequenze di massa, primi piani per l'accorciamento delle scene e primissimi piani nella descrizione degli stati d'animo individuali. C'è anche un omaggio a Conan il barbaro (1982, di John Milius) nella sequenza del sacerdote che mostra al popolo i resti della vittima sacrificale. Cinema d'autore, come pochi se ne vedono e diviso in due parti; si apre su usi e costumi dei Maya, poi lo sviluppo si concede all'analisi del sacrificio umano e su chi, da questo, cerca di sfuggirne. L'arrivo dei conquistadores è posto marginalmente, in un'intelligente operazione che annuncia metodologicamente la fine del film e anche quella del popolo Maya. Naturalmente la cruda esposizione di una pellicola basata su scene efferate non ha fatto altro che rispolverare antichi preconcetti da parte di un settore della critica appartenente all'area progressista-laico-ateo-riformista che, risvegliatasi dal letargo, non ha perso tempo per scagliarsi nuovamente contro Mel Gibson (ma forse più contro la sua ideologia politica e religiosa) accusandolo di perpetrare un cinema fatto solo di violenza e senza contenuti di fondo. Ovviamente, questi signori si sono frettolosamente dimenticati di aver esaltato, in un recente passato, altri film ben più violenti di questo; basta ricordare i macabri scenari di Quei bravi ragazzi di Scorsese, la paesaggistica carrellata di capocce e braccia troncate nella prima mezz'ora di Salvate il soldato Ryan di Spielberg e gli spettacoli pulp offerti da Tarantino. In questo teatrino dei pupi, levata di scudi anche da vari rami della politica e da eminenti sociologi, i quali, nell'ipocrisia più bietta, hanno rispolverato la vecchia crociata del divieto di visione ai minori, preoccupandosi di allertare la Eagle (distributrice in Italia del film) affinché si adoperi nello sconsigliare l'ingresso nelle sale agli adolescenti; ma tale sacrosanta operazione non è però mai stata fatta agli esercenti per la vendita autorizzata di videogiochi bestiali che spesso incidono negativamente sulla personalità del bambino.
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Original track music
Sacrificio
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