ERANO TUTTI MIEI FIGLI
All My Sons
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In pieno secondo conflitto mondiale, arrogante industriale privo di coscienza, fornisce all'aviazione USA pezzi di ricambio per aerei, difettosi al punto che ne precipitano 21, con conseguente morte di altrettanti piloti. Sotto inchiesta, scarica la responsabilità al suo socio, che finisce in galera, ma la figlia di quest'ultimo indaga per proprio conto fino trovare le prove che inchiodano l'impresario, compresa la causa della morte del figlio, deceduto per sua diretta responsabilità. All'uomo non rimane che il suicidio.
Dal potente dramma di Arthur Miller, "All my Sons", in scena al Coronet Theatre di Broadway nel 1947, prodotto e diretto da Elia Kazan, premiato con due Tony Awards, poi trascurato a favore di un'altra sua opera, probabilmente la migliore del drammaturgo statunitense, "Death of a Salesman" (1949, "Morte di un commesso viaggiatore"), rivalutato negli anni '90 e continuativamente riproposto anche nel contemporaneo, in Italia nel 2017 al Teatro Quirino di Roma, una versione cinematografica in perfetto stile noir per una tragedia che scava nei sentimenti familiari, per rendere manifeste menzogne e segreti, elementi utili per abbattere definitivamente i falsi simulacri. Attualissimo all'epoca come oggi anche nel risvolto sociale, impresso nell'inutilità della guerra e soprattutto nella tematica del guadagno ad ogni costo, mirato al punto da non concedere scrupoli nell'abbattere vite umane. Risente e molto dell'andamento teatrale, i dialoghi, spesso superflui abbondano, ma la messa in scena è ben congegnata, la trama sviluppa tensione nei continui cambi di situazione, gli attori appaiono perfetti (immenso Edward G. Robinson) e la regia di Irving Reis segue alla lettera la sapiente sceneggiatura, senza fronzoli e invenzioni arbitrarie, di Chester Erskine, anche produttore, per due volte nominato al Writers Guild of America, rassegna gestita dal sindacato degli sceneggiatori. Fotografia di Russell Metty. Rifatto per la tv nel 1987 da Jack O'Brien con James Whitmore.

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