IL LUNGO VIAGGIO DI RITORNO
The Long Voyage Home
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La storia di un gruppo di marinai, che a bordo di una nave devono trasportare materiale di guerra. L'ansia continua e lo spettro della morte incombente li circonda durante tutto il viaggio, ma una volta a terra, i fantasmi sembrano svanire e gli uomini appaiono pronti per un nuovo, rischioso viaggio.
È, probabilmente, il solo film di John Ford, dove gli ideali, valore, patria e famiglia, lasciano il campo a una visione fredda e anche cinica sul modo di essere e di agire di un gruppo di personaggi il cui stato d'animo è dominato dal fatalismo e impresso nella lotta per la sopravvivenza. L'ambientazione classica fordiana sparisce di colpo; i grandi paesaggi ripresi a campo lungo sono qui sostituiti da spazi stretti, che determinano il disagio e da un senso claustrofobico, percezione della paura. L'aria minacciosa si manifesta nella straordinaria fotografia di Gregg Toland, i siparietti fordiani (ubriacature, risse, canzoni) sono comunque presenti e gli interpreti (tutti fidi di John Ford, con John Wayne fresco di popolarità dopo il successo dell'anno precedente in Ombre rosse) appaiono a loro agio, in un film al maschile che, tra l'altro, manifesta latenti inclinazioni di carattere morboso. Fortemente voluto dal regista, amante del mare sin dalla giovinezza, che lo ha anche prodotto dopo aver affidato lo script all'estro di Dudley Nichols, a sua volta ricavato dall'opera in quattro atti del drammaturgo bostoniano, premio Nobel, Eugene O'Neill, scritta nel 1917. Cinque nomination e nessun Oscar. Arrivato nelle sale italiane nel 1952, rieditato nel 1961 con titolo Viaggio senza fine, con pellicola scorciata di 15 minuti dalla censura, per la scena delle indigene in costume che, con il loro immorale atteggiamento, fanno scoppiare un tafferuglio tra la ciurma.

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