Pittore folle uccide la moglie col veleno dopo averla ritratta in una tela che annuncia la sua fine imminente. La passa liscia, si risposa con un'altra donna e prova subito a modellarla in un altro quadro, ma nel frattempo s'innamora di una giovane vicina di casa. Quando decide di uccidere anche la seconda moglie, lei scopre la trappola e lo inchioda con l'intervento della polizia.
Ruolo atipico, se non ambiguo per Humphrey Bogart, sicuramente fuori dal suo cliché consuetudinario, quindi sprecato. È comunque un thriller a tratti avvincente, almeno nell'impostazione, che ricalca l'omonima comedy in due atti di Martin Vale (scritta nel 1931 e in cartellone a Broadway per 3 anni, dal 1943 al 1945), da cui è tratto. Pressato in una continua rincorsa al colpo di scena, obbliga gli attori a uno smisurato esercizio teatrante, attraverso personaggi mai approfonditi nella loro vera essenza. La regia di Peter Godfrey non è all'altezza per due calibri come Bogart e la Stanwyck. Coinvolge al massimo solo nel finale. Prodotto da Mark Hellinger, che tentò a più riprese di non farlo uscire nelle sale, ma dovette cedere dietro forti pressioni di Jack Warner.