Scontata la pena, gangster mette su una banda per rapinare due milioni di dollari dal furgone portavalori che trasporta gli incassi del casinò di Las Vegas. Assieme alla donna di un altro bandito, nel frattempo evaso dalla prigione, pianifica l'assalto, ma qualcosa va storto. Tra i due non scorre buon sangue e la rivalità aumenta di grado fino all'epilogo sanguinoso.
Costruito in funzione della bionda platino Mamie Van Doren, un poliziesco dal ritmo serrato, che in parte rifà il verso a
Rapina a mano armata (1956, di Stanley Kubrick), godibile per azione e ambientazione, al contrario dei dialoghi, stolti e superficiali. C'è il finale a sparatoria continua, espresso in toni violenti, ben realizzato. Il cast di efficace volume, è assortito in funzione dei personaggi, tutti efficacemente delineati; la Doren sprigiona glamour da tutte le parti, canta e gira in auto decappottabile, Gerald Mohr, veterano del Mercury Theatre di Orson Welles, fa il duro, Lee Van Cleef arriva a metà film e cattivo come non mai, ruba tutte le scene. A seguito dell'uscita nelle sale, il capo della produttrice Imperial Pictures, Edward Small e la United Artists distributrice, furono citati in giudizio dalla coordinatrice Art Estrada per plagio, attraverso istanza nella quale la compagnia sosteneva di aver presentato la storia originale, "Blueprint for Crime" scritta da Steve Masino, al producer che la rifiutò, ma nello stesso anno, il produttore fece ugualmente il film servendosi dell'analogo soggetto; nel 1962 produzione e distribuzione furono condannate a pagare una penale di diecimila dollari a fronte dell'iniziale richiesta di oltre 150mila.