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A Los Angeles, maniaco uccide cinque bambini, conserva le loro scarpe nella sua casa con l'unico scopo di accarezzarle mentre suona il flauto. La polizia prova a braccarlo, ma è la malavita ad intervenire, per evitare che le ricerche degli agenti possano ostacolare i loro traffici illeciti. I teppisti di zona si riuniscono per dargli la caccia e quando il folle è in procinto di fare la sua sesta vittima, è preso in consegna da una gang di giovinastri. A stento le forze dell'ordine riescono a sottrarlo dal linciaggio.
A 20 anni di distanza, remake americano del capolavoro tedesco M, il mostro di Düsseldorf (1931), di Fritz Lang. Come storia e iter narrativo, gli sceneggiatori mantengono inalterato lo script di Lang, scritto assieme alla moglie Thea von Harbou e apportano varianti soltanto sul luogo d'azione, da Berlino (nella versione italiana Düsseldorf, che richiama un evento di cronaca nera consumato nella città germanica nel 1925) a Los Angeles, con il protagonista che cambia nome, da Hans Beckert a Martin Harrow. Il sintesi, tutto gira sullo sfondo di una Los Angeles austera e pericolosa (fotografia di Ernest Laszlo), dove il maniaco si muove convinto di salvare i bambini da un futuro catastrofico, uccidendoli. Il film fu un fiasco totale al botteghino, malgrado sufficienti recensioni, soprattutto a riguardo dell'interpretazione di David Wayne, agitato e assai credibile nel ruolo del serial killer. Il regista Joseph Losey voleva una storia totalmente diversa, come Douglas Sirk, contattato prima di lui, ma il produttore Seymour Nebenzal, che finanziò anche il film del 1931, rifiutò qualsiasi proposta difforme dalla versione originale. Dopo questo, Joseph Losey, finito nelle liste maccartiste per i suoi ideali di sinistra, fu costretto, per sei anni consecutivi, a firmare altre regie con vari pseudonimi.

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